Guardare alla storia dalla prospettiva della Pasqua significa riscoprire e vivere la gioia, che viene dopo il travaglio e dà senso allo stesso: per l'evangelista Giovanni la glorificazione di Gesù coincide con la sua croce, il momento di massima umiliazione coincide con la sua esaltazione. Gesù risorto attende i suoi discepoli in Galilea, laddove tutto era cominciato affinché, ripercorrendo il cammino già percorso, potessero comprenderne il senso e quindi custodirne la presenza per sempre. Già... ma quando si vive il travaglio non è così facile scoprire la gioia e non ci si accontenta di sapere che prima o poi verrà. Come dare speranza a chi speranza non ha? Come alzare lo sguardo per scoprire la presenza di un Kyrie che è sempre con noi tutti i giorni, sino alla fine del mondo? Per noi missionari fidei donum a Cuba queste domande non sono pura teoria, ma le portiamo dentro, nella carne e nel sangue, soprattutto in questo tempo di sofferenza e di crisi. Dall'inizio della pandemia, a causa della crisi del turismo e di una riforma economica sconsiderata, è iniziato un periodo di inflazione galoppante, stimata all'800% annuo. Progressivamente sono venuti a mancare sempre più beni, fino ad arrivare all'assenza di quelli di prima necessità: non ci sono medicinali, si fatica a trovare carne, frutta e verdura, latte; gli stipendi sono insufficienti per vivere; manca il carburante, l'energia elettrica viene erogata solo per 12 ore al giorno... In questo contesto ciascuno cerca di risolvere, arrangiarsi come può, con mezzi leciti o meno. La gestione della vita quotidiana assorbe tutte le energie fisiche, psicologiche e spirituali e l'attività principale è fare la coda, per qualsiasi cosa. La gente guarda al futuro con apprensione: è scomparsa ogni traccia della speranza. Moltissimi emigrano, legalmente o illegalmente, di Stato in Stato, fino ad arrivare in Messico dove attraversano il Rio Bravo per entrare negli Stati Uniti. La speranza si è ammalata e si è appiattita nell'orizzonte immanente del benesser