L’inesauribilità dell’evento pasquale, mistero notturno della Croce e radioso della Risurrezione, trova nei discorsi meditativi di Guardini, concisi e intensi, sfaccettature sempre nuove. Ed ecco annunciarsi la mestizia del distacco da Dio, dal Cristo, nella Domenica di Passione che un tempo i veli sulle Croci e sulle sacre immagini simboleggiavano; ma il rapido sondaggio nella liturgia del Venerdì Santo apre agli occhi del credente l’operare prodigioso dello Spirito nelle visioni profetiche che vi si leggono; l’arcana maternità della notte benigna di Pasqua con lo scaturire della luce del cereo, si contrappone a quella, cupa e infeconda, del «mondo» nel prologo giovanneo e invera, nel Cristo risorto, tutte le luci autentiche degli uomini e del cosmo, mentre genera la «vita nuova» battesimale. Nondimeno, la tentazione del ripiegamento, nella tristezza, sulla propria mediocrità spirituale, è sempre insidiosa: perché nel pieno giorno della Pasqua, non fidare in quella “bontà” che la grazia, oltre ogni sforzo autonomo, concede nel Signore, assimilandoci alla sua vita vittoriosa? Incontreremo noi pure, al pari dei discepoli di Emmaus, colui che fa «ardere il cuore» prima ancora di conoscerlo, di comprenderlo; saremo sicuri di non aver, nella ricerca d’un Dio per noi, ridotto la sua trascendenza nel simulacro d’un idolo che ci deforma a propria immagine.